Welfare Luxottica, modello da copiare
Nicola Brancher (Cisl): «Per l’azienda il costo è attorno ai 4 milioni di euro. Si firmano contratti senza un’ora di sciopero»
BELLUNO – Solo Luxottica può permettersi un welfare così innovativo? Ne sono convinti in molti, tanto che il contratto nazionale dell’occhialeria, sottoscritto nei giorni scorsi a Belluno, si ferma sulla soglia delle opportunità più avanzate di cui beneficiano i lavoratori di Del Vecchio. Nicola Brancher, segretario della Femca Cisl di Belluno e Treviso, è convinto, invece, del contrario. E anticipa che il sindacato – “tutto il sindacato” – è impegnato in numerose aziende nell’emulazione della strategia Luxottica. Anche grazie – precisa – alle prospettive aperte dal nuovo contratto nazionale.
Quanto costa il Welfare alla Luxottica?
«Dai 3 milioni e mezzo ai 4 milioni, sulla base di quanto concordato nell’accordo dell’ottobre 2015».
Quanto costa la staffetta generazionale?
I costi non sono stati puntualmente quantificati, perché non si sa ancora il numero preciso dei lavoratori che ne usufruiranno. Ne sono previsti 100, in uscita, altrettanti all’ingresso. Ovviamente 100 part time. L’azienda, però, versa all’Inps i contributi per l’orario pieno. Lunedì prossimo, fra l’altro, ci incontreremo per ulteriori dettagli».
Il Contratto Nazionale non prevede la sperimentazione di questa novità assolua.
«La consente il Governo per i lavoratori con più di 63 anni. Nel caso di Luxottica invece contano gli anni di lavoro maturati, e quindi la prossimità alla pensione. Una volta perfezionato il percorso, sono sicuro che altre aziende, soprattutto di un settore che tira come quello dell’occhialeria, si faranno avanti con la loro disponibilità».
Ritorniamo ai costi del welfare. L’investimento a lavoratore di quanto è?
«Di 500 euro l’anno. Quindi è un costo accessibile anche per alre aziende. Ciò che fa la differenza nella situazione Luxottica è la qualità del sistema».
Le singole prestazioni?
«Anche queste, ma come si genera il sistema».
Se mi permette si genera dal fatto che i lavoratori ed il sindacato non hanno fatto un’ora di sciopero.
«Sì, banalizza. Se è per questo anche il contratto nazionale dell’occhialeria non è costato un’ora di sciopero».
Ma alla Luxottica da quanto tempo non scioperate?
«Dalla famosa vicenda dei marsupi, quando i lavoratori hanno incrociato le braccia per migliorare la qualità del lavoro».
E questo a significare che neppure nelle aziende di Leonardo Del Vecchio non è tutto oro quel che luccica?
«Evidentemente. In nessuna fabbrica, neppure alla Luxottica, si va per fare vacanza. Si lavora, eccome. Il welfare è meritato».
È meritato, certo. Come, dunque, si origina?
«È un sistema di qualità a monte di queste “concessioni”. Ci sono, nel gruppo, un Comitato di Governance, composto da rappresentanti dell’azienda e del sindacato, che studiano approfonditamente le diverse opportunità, prima di portarle al tavolo della trattativa. Questo Comitato si avvale della preziosa collaborazione di un Comitato scientifico, composto da studiosi, i migliori sul campo in Italia. L’azienda monitora quali sono le esigenze dei lavoratori, rilevandole attraverso appositi questionari, anch’essi puntuali nell’approfondimento. Questionari che cercano, fra l’altro, di anticipare i bisogni dei lavoratori anche in prospettiva».
Il bonus vita, per capire, che arriva a destinare alla famiglia colpita dal lutto fino a 70 mila euro, non nasce da uno spontaneo senso di pietà verso i parenti del poveretto che muore?
«Assolutamente no. La pietà ovviamente c’è, sia da parte dei compagni di lavoro che sempre, in questi casi, hanno fatto raccolte di aiuti, e dell’azienda che si è impegnata in egual misura. Ma il bonus nasce dentro la cultura che ha considerato la solidità della famiglia del lavoratore come un punto di forza per consolidare anche l’azienda. Molteplici, infatti, sono le prestazioni a sostegno dei figli. Prestazioni, ripeto, che traguardano il futuro».
Citiamone una.
«Il Welfare della Luxottica pone molta attenzione all’alternanza scuola lavoro, sostenendo gli stage dei figli del lavoratori. I figli che studiano. Questo non è solo un atto di sensibilità, di cortesia sociale, ma è una puntuale iniziativa di contrasto di quel gravissimo fenomeno che è la dispersione scolastica in montagna, dove tanti, troppi ragazzi interrompono gli studi prima di aver conseguito il diploma. Il sistema Luxottica che guarda avanti si fa carico di questo problema. Ogni misura, insomma, è studiata in tutti i suoi risvolti, prima di essere sottoposta a trattativa e di trovare la sottoscrizione delle parti».
Lei sta dicendo, in sostanza, che le aziende che coraggiosamente vogliono impegnarsi per un welfare innovativo dovrebbero anzitutto misurarsi con le esigenze del presente e del futuro dei loro lavoratori. Perché, dunque, nel contratto nazionale, avete varato l’assistenza sanitaria integrativa, mentre oggi il lavoratore ha problemi di rimpinguare la busta paga?
«Perchè, appunto, miriamo al futuro.»
L’assistenza sanitaria non è carico dello Stato?
«Sì, ma in prospettiva, con una società che invecchia, la spesa sanitaria esplode. Già dopo i 50 anni. E, purtroppo, nascono sempre meno figli. Ecco, dunque, che progressivamente talune prestazioni assistenziali si ridurranno e il singolo cittadino dovrà provvedere ad un’integrazione. Noi mettiamo le mani avanti. Lo fanno anche altri, le Assicurazioni, tutta una serie di multinazionali che propongono la pensione integrativa, altre forme di salvaguardia del futuro. Ma lo fanno per business. Il sindacato e i lavoratori che sottoscrivono questi accordi, ritengono che forme di contrattazione così dirette siano meno costose e, di conseguenza, più “remunerative” per i lavoratori».
Si diceva prima dell’attenzione di Luxottica, come sistema, al territorio, ai suoi problemi, alla prospettiva. Possiamo dire che questo modello di integrativi punta anche a mantenere in sicurezza sociale il territorio, stressato da lunghi decenni di spopolamento?
«Che Luxottica sia un presidio sociale è sotto gli occhi di tutti. Che ne sarebbe dell’Agordino senza i 4 mila posti di lavoro di Agordo e Cencenighe? Se a Sedico non avessimo 2 mila posti di lavoro, che cosa ne sarebbe dell’economia locale? Ecco, è importante, al di là degli accordi sul welfare o la staffetta generazione, che si lavori tutti insieme per mantenere queste aziende ben radicate sul territorio».
E da qui partire per migliorare la qualità di vita dei lavoratori…
«Appunto. Lo stiamo facendo alla Safilo, alla Marcolin, all’Ideal Standard, alla Virosac, alla Benetton, all’Unifarco, in aziende di altri settori, come la Costan, la Cartiera. In alcune di queste imprese il welfare esiste da 30 anni. Si esprime nei soggiorni estivi per i figli dei dipendenti, nell’integrazione delle rette all’asilo o della spesa per i libri. Adesso, ovviamente, bisogna innovare».
Al di là della battuta che abbiamo fatto prima sugli scioperi – che non ci sono e che, quindi, hanno favorito le buone relazioni industriali – da che cosa dipende la disponibilità a sottoscrivere intese così impregnanti?
«Anzitutto dall’ottimo stato di salute di queste aziende; dalle prospettive dei mercati (che tirano); da una crisi superata senza traumi perché in provincia abbiamo i ‘campioni’ mondiali dell’occhialeria. E poi dal fatto che quotidianamente il sindacato e l’azienda sono sul pezzo. Cgil, Cisl e Uil impegnate allo stesso modo, senza pregiudizi ideologici, ma tutti tesi, questi sindacati, a difendere gli interesse dei lavoratori».
E gli interessi dell’azienda?
«Per difendere gli interessi dei lavoratori si passa, evidentemente, per l’assecondamento degli interessi aziendali, per quanto è possibile. Aziende che hanno bisogno di flessibilità e lavoratori che hanno necessità di flessibilità. Saper coniugare queste esigenze è la vera sfida». (Francesco Dal Mas – Corriere delle Alpi)